Tutto è nato per andare sempre più veloce, è il ritmo del caos.
Dal Big Bang ad oggi i pezzi del puzzle dell’esistenza diventano sempre più microscopici, come frattali, e noi oggi non siamo altro che una parte piccolissima del ripetersi di un disegno dell’esistenza di grandezze inimmaginabili.
Delicati e fragili quanto un bicchiere di cristallo che, prima o poi, cadrà e si romperà in mille pezzi, poiché è l’inevitabile direzione della vita che tende alla disgregazione e alla frammentazione.
“Fray” è una vivisezione cruda del corpo che vive e che corre, oggi, più che scorrere, consumandosi ed esaurendosi. Un cimitero di ossa, fotografia del futuro, parte di quello che materialmente saremo, per ricordarci quanto non sia scontato essere qui, ora.
L’influenza dei nostri tempi trasforma la decomposizione in altro ordine e il caos non solo si espande verso il fuori ma dall’interno implode.
La pesca che compriamo al supermercato marcisce dentro, mentre fuori la pelle rimane accattivante e desiderosa di essere assaggiata.
Noi, nel nostro degrado globale e individuale, seguiamo lo stesso processo fisicamente, spiritualmente, socialmente, culturalmente.
Così non solo la vita, ma anche la morte è diventata ambigua e, se esteticamente possiamo godere di tutti i formulati di bellezza e onnipotenza, dentro non possiamo fermare il nostro eterno viaggio verso il caos.
La potenza e la bellezza della vita sfugge inconsapevole come la meraviglia di un corpo danzante nel suo viaggio dentro e fuori di sé.
Olimpia Fortuni, classe 1985, è danzatrice e coreografa. Si diplomata alla Paolo Grassi nel 2008, e in seguito termina il biennio ”Scrittura per la danza contemporanea” diretto da Raffaella Giordano nel 2010. Subito dopo crea il colletivo Famigliafuchè; conclude il corso...