Fabritia D'Intino
CANCAN
progetto selezionato per ResiDance 2023
concept e coreografia Fabritia D'Intino
performance Fabritia D’Intino, Cesare Benedetti, Emanuele Rosa
musica originale Federico Scettri
advising Roberta Nicolai, Piersandra Di Matteo
ringraziamenti Riccardo Guratti, Giuseppe Vincent Giampino, Daria Greco, Salvo Lombardo
produzione Chiasma
co-produzione Teatri di Vetro e Officine TSU - Teatro Stabile dell’Umbria
con il sostegno di Periferie Artistiche - Centro di Residenza Multidisciplinare Regione Lazio, CURA - Centro Umbro Residenze Artistiche, Ostudio - Roma, Nao Crea/Ariella Vidach Aiep, ResiDance - Network Anticorpi XL
Il Can Can nasce a Parigi nel'800 come sviluppo della quadriglia, una danza codificata di coppia nella quale era previsto che solo l’uomo potesse concedersi momenti di improvvisazione e virtuosismo durante il cosiddetto “solo del Cavaliere”. Le donne progressivamente si appropriano di questa pratica, riunendosi tra loro in contesti non formali dove le gambe, normalmente nascoste dalle gonne, potevano essere scoperte acquistando sempre più mobilità ed articolazione. Il Can Can nel tempo diventa un ballo rivoluzionario ed erotico, e dunque bandito. Successivamente viene non solo tollerato, ma addirittura richiesto sui grandi palchi trasformandosi da rituale di rottura a oggetto di consumo di massa.
In questo lavoro i diversi aspetti storici del ballo del Can Can vengono inclusi e declinati in una possibile lettura del presente, offuscando i codici della danza e spostando lo sguardo verso un più ampio spettro di significati. A partire dall’immaginario rivoluzionario e festante del Can Can questo lavoro tenta infatti di alterarne il paesaggio proponendo variazioni energetiche e figurative. Depotenziando il valore ludico e gioioso, l’intento è quello di offrire uno scorcio laterale sulla relazione fra intrattenimento, erotismo e virtuosismo. Affermando una danza ipo-performativa i corpi attraversano e sfidano le contraddizioni e lo spaesamento dell’essere iper-esposti ad un consumo voyeuristico.
CANCAN cerca così di ricostruire il tragitto di un moto di emancipazione scuro, scarico e forse fallito.